Lo spettacolo sbircia nella stanza in cui si è isolato un ragazzo, Fosco, che ha scelto di non possedere più nulla se non la voglia di comunicare attraverso la forma desueta della cartolina tutta la sua disperata e dignitosa solitudine volontaria.
Un disadattato. Così la società liquida un uomo, specie se giovanissimo – e dunque obbligato alla Vita – che decide di isolarsi in una stanza. Per giorni, per mesi, forse per sempre. Il fenomeno, che in Giappone è una vera e propria emergenza, tanto da meritare un nome apposito (Hikikomori), sta arrivando anche in Italia e coinvolge soprattutto giovani uomini dai 15 al 35 anni.
Fosco, il protagonista della storia è nudo in una scena spoglia, avvolto da una musica assordante e circondato da un quadrato di luce nel buio che ne fissa il perimetro d’azione come un ring (o una gabbia). Ci comunica il suo disagio, il suo esilio volontario, scrivendo cartoline ai suoi ex affetti dai quali ha divorziato. Ci parla dal nulla e nel nulla rientrerà. I suoi appelli cadono nel vuoto. Gesti d’amore che non abbiamo capito o voluto capire e che resteranno messaggi eternamente imbottigliati: pensieri alla deriva. Se il mondo è questo, se tutto è effimero e illusorio, se la società preme per farci essere come siamo, se fuori da quella stanza non c’è nulla di meglio, che motivo c’è di uscire fuori?
Andrea Cavazzini
Giornalista e Ufficio Stampa
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